Per capire i motivi per i quali oggi – dopo secoli di disinteresse – si riporta l’attenzione su antichi sentieri, mulattiere, luoghi di culto abbandonati dobbiamo analizzare la società medievale.
Ripercorrere a distanza di un millennio quelle stesse strade che in epoca di grandi divisioni univano idealmente i più importanti luoghi della cristianità aprendo nuovi spazi di sviluppo al turismo culturale e devozionale, recuperare beni architettonici e culturali di epoca romanica dimenticati da tempo, offrire ai popoli della Nuova Europa  - mettendoli a confronto con il proprio passato – occasioni di incontro e conoscenza reciproca è l’impegno politico che da alcuni anni si stanno dedicando a tutti i livelli.

L’antica strada romana delle Gallie
si dipartiva da Vercellae o da Quadrata (dove oggi sorge la località di Verolengo) verso il rilievo boscoso della Serra. Probabilmente passava a sud del Lago di Viverone presso la località di Settimo Rottaro – Septimun. La strada attraversava la colonia di Ivrea e raggiungeva Settimo Vittone. Passava per una località definita Ad Pontem, (probabilmente) l’odierno Pont Sant Martin, superava Bard, le antiche località di Quinto, Quart, Nus (indicanti rispettivamente il quinto, il quarto e il nono militare) e arrivava ad Augusta Pretoria (Aosta), ultima tappa prima dei valichi alpini.  Le strade romane cambiavano il paesaggio, lo modellavano e lo attraversavano senza adeguarsi ai mutamenti del territorio.

Secoli più tardi queste strade erano ormai degradate o interrotte a causa delle invasioni barbariche. Solo nel VII sec. d.C. i Longobardi ricostruiscono gli assi viari per mantenere i rapporti tra il Regno di Pavia e i ducati meridionali. I longobardi si adeguarono in parte al tracciato romano della Via Cassia. La strada superava presso il Monte Bardone, grazie al passo della Cisa, la catena appenninica per raggiungere il sud, evitando di avvicinarsi troppo ai territori controllati dai bizantini. Passava da Lucca, percorreva la Valle dell’Elsa fino a Siena. Poi proseguiva verso Bolsena, Viterbo e Roma. L’antica strada longobarda rappresentò il nucleo originario della via romea percorsa da folle di pellegrini e dai crociati per tutto il Medioevo.

La strada longobarda ottenne un’importanza strategica grazie a Carlo Magno. Carlo Magno sconfisse i Longobardi e occupò la Pianura Padana; la sua ambizione era quella di riunire tutte le terre dell’Europa Cristiana e l’investitura da parte del Papa nella notte di Natale dell’anno 800 ne è l’esempio. La via dei longobardi divenne la via dei franchi. I viaggiatori dell’Europa continentale dall’Artois, dalla valle del Reno, del Rodano e del Danubio, dai porti del mare del Nord confluivano a Ginevra e poi affrontavano la catena alpina. Fino al XII sec. d.C. i viaggiatori sembravano preferire il passo del Gran S. Bernardo, mentre dal XII sec. d.C. in avanti viene privilegiato il Moncenisio. Attraverso la Val Moriana e la Val di Susa i viaggiatori raggiungevano Torino e poi Chivasso e Vercelli e intercettavano l’antica Via Aemilia attraverso il passo della Cisa.

La società medievale
era in constante movimento: imperatori e re con il loro seguito, abati e predicatori furono grandi viaggiatori. Dal re si pretendeva che viaggiasse e si occupasse direttamente dell’amministrazione del regno; inoltre come volevano antiche credenze precristiane, il sovrano aveva poteri taumaturgici ed era portatore di salvezza e fecondità. Gli ecclesiastici fondavano nuove abbazie, predicavano la parola del Signore e viaggiavano spostandosi da un monastero all’altro per ragioni di studio e amministrativo. Verso il X sec. d.C. anche uomini di umili origini, pellegrini animati dalla fede, incominciarono a percorrere le vie devozionali verso i luoghi sacri. Roma, città sacra e sede della Cattedrale di S. Pietro, dopo il XII sec. d.C. divenne a sua volta una tappa lungo il “Chemin de Jerusalem” che giungeva nella Terrasanta riconquistata dalla spada dei crociati. Ma lungo le strade di Francia viaggiarono anche uomini comuni, briganti, saraceni, eserciti mossi delle contese politiche o mercanti animati da un avventuroso spirito d’iniziativa commerciale. Con la rinascita delle città intorno all’anno mille i mercanti toscani, lombardi, astigiani incominciarono a spostarsi acquistando spezie e altre mercanzie nei porti delle città italiane e rivendendoli sui mercati d’oltralpe, nelle fiere delle Champagne.